LA CORTE DI APPELLO

    Sulla  eccezione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 593
c.p.p.,  come  modificato  dall'art. 1,  legge  n. 46/2006,  proposta
all'udienza del dal procuratore generale;

                          Osserva in fatto

    Scionti Pasquale e Desiati Giuseppe con sentenza in data 3 maggio
2006  del  Tribunale  di  Bari in composizione monocratica sono stati
assolti  dall'imputazione  di  omicidio  colposo percho' il fatto non
sussiste.
    Avverso  la predetta sentenza hanno proposto appello il p.m. e la
p.c.
    All'udienza  del  28  marzo  2006,  il  procuratore  generale, ha
eccepito  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 593  c.p.p. con
riferimento agli artt. 3, 24 25, 111 e 112 Cost.

                         Osserva in diritto

    La questione e' evidentemente rilevante nel presente giudizio ove
si consideri che l'art. 593 c.p.p. ha reso, nella nuova formulazione,
inammissibile l'appello della pubblica accusa, in precedenza previsto
dal  codice  di  rito,  con l'ovvia conseguenza che, se fosse accolta
l'eccezione,  il  p.m.  potrebbe  coltivare  un  gravame  che in caso
contrario gli sarebbe inesorabilmente precluso;
    La  norma,  della  quale  il  procuratore  generale  ha  eccepito
l'illegittimita'      costituzionale,      limitata      radicalmente
l'appellabilita'  delle  sentenze  di  proscioglimento pronunciate in
primo grado;
    Invero il secondo comma dell'art. 593, nell'attuale formulazione,
consente  al  pubblico  ministero  ed  all'imputato  di  appellare le
sentenze di proscioglimento solo se ricorrono i presupposti richiesti
dall'art. 603   cpv.  c.p.p.,  per  l'assunzione  di  prove  decisive
sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado;
    L'art. 10, legge n. 46/2006 prevede poi che la legge stessa trovi
applicazione per i procedimenti in corsa;
    La  nuova  disciplina  priva,  nella  maggior  parte dei casi, la
pubblica   accusa   della  facolta'  di  appellare  una  sentenza  di
proscioglimento  pronunziata  dal giudice di primo grado. L'esercizio
di tale facolta' presuppone infatti, secondo l'attuale normativa, che
dopo il giudizio di primo grado siano emerse nuove prove decisive.
    La  limitazione  delle facolta' processuali della pubblica accusa
e'   di   tale  portata  da  apparire  in  contrasto  con  valori  di
fondamentale rilevanza costituzionale ed in particolare:
        1.   -   il   principio  dell'obbligatorieta'  dell'esercizio
dell'azione  penale,  da parte del pubblico ministero, pilastro della
giurisdizione  penale  e'  previsto  dall'art. 112  Cost.  in  quanto
funzionale   alla  concreta  attuazione  di  altri  valori  di  rango
costituzionale.
    Invero la giurisprudenza costituzionale ha da tempo affermato che
l'esercizio  dell'azione  penale  affidata  all'ufficio  del pubblico
ministero,  costituisce  manifestazione del fondamentale principio di
legalita'  sancito  dall'art. 25  Cost.,  in quanto espressione della
fondamentale  esigenza che alla commissione di fatti illeciti, lesivi
di valori - sovente, a loro volta di rango costituzionale, o comunque
di elevata rilevanza sociale - segua l'inflizione di una pena.
        2.  -  Il  principio del contraddittorio processuale previsto
dall'art. 111  Cost.  ed  in  particolare  la esigenza, affermata nel
secondo  comma,  che  il  processo  si  svolga in condizioni di piena
parita' delle parti.
    Invero   nella  previsione  del  Costituente  il  contraddittorio
assurge a valore che prescinde dai contingenti interessi dalle parti,
in   quanto  costituisce  garanzia  di  approssimazione  quanto  piu'
efficace  possibile  alla verita'. Ed in quest'ottica, la parita' fra
le  parti, prima che tutela delle stesse, e' oggettiva esigenza di un
contraddittorio  reale.  La  parita'  non puo', pertanto, che inerire
anche  alla  fase dell'appello e, nell'ambito di essa, al suo momento
introduttivo  e  fondante,  ossia  la  definizione dei casi in cui e'
consentito  appellare.  E',  quindi,  evidente che la nuova normativa
implica un palese squilibrio fra le parti; impedendo quasi totalmente
al  pubblico ministero l'appello in caso di assoluzione dell'imputato
in  primo  grado,  mentre  nell'opposta ipotesi di affermazione della
penale  responsabilita'  e'  concessa  all'imputato piena facolta' di
impugnazione.
        3.   -   la   nuova   normativa  appare  inoltre,  del  tutto
irragionevole  ove  si  consideri che con la riforma del 1998, che ha
introdotto  nel  nostro ordinamento il giudice unico di primo grado e
con  la  successiva  legge  Carotti,  il  legislatore  ha enormemente
ristretto  il  numero  dei  procedimenti  trattati in primo grado dal
giudice   collegiale,  estendendo  a  dismisura  quello  dei  giudizi
affidati  al tribunale in composizione monocratica ed al g.u.p. A chi
paventava   le   minori   garanzie   di   equilibrio  riflessione  ed
approfondimento che normalmente il giudice monocratico offre rispetto
al  collegio  si  e'  obiettato  che  la garanzia della collegialita'
sarebbe stata comunque assicurata dal giudice collegiale di merito di
secondo  grado.  La  nuova  normativa,  pertanto,  contrasta  in modo
stridente con le precedenti scelte del legislatore e non si tratta di
un  problema  che  puo'  essere relegato nel dibattito astratto tra i
processualpenalisti,  nella  misura in cui incide pesantemente e, con
l'attuale   disciplina,   irrimediabilmente   sull'affidabilita'   ed
attendibilita'  della giurisdizione risolvendosi in un vero e proprio
diniego di giustizia non si puo', infatti, dimenticare che nella gran
parte  degli  uffici  per  la cronica carenza dell'organico, processi
anche   delicati   e  complessi  sono  trattati  da  giudici  onorari
monocratici,  designati senza alcun serio controllo di preparazione e
capacita'  professionale,  e  la  pubblica  accusa viene sostenuta in
udienza dal v.p.o. nominati con gli stessi discutibili criteri.
        4.  -  Ulteriore  evidente  disparita'  di trattamento tra le
parti   private   ed  il  p.m.  deriva  dal  dichiarato  intento  del
legislatore   di   attribuire   alla  parte  civile  la  facolta'  di
impugnazione   negata   alla   pubblica  accusa,  con  una  ulteriore
inacettabile  prevalenza  attribuita  all'interesse  privato rispetto
all'interesse pubblico.
        5.  -  E'  altresi'  palese  la totale irragionevolezza di un
processo  che, nato come penale con l'appendice eventuale e meramente
sussidiaria  di una domanda di risarcimento, prosegue in appello come
processo  esclusivamente  civile, celebrato dinanzi al giudice penale
per iniziativa e volonta' di una parte privata che, pur non avendo il
potere  di  promuovere  l'azione  autonomamente in sede penale, ha il
potere  esclusivo  di  proseguirla  dinnanzi  al  giudice  di appello
penale.
    La  Corte  ritiene,  infine,  di  dover pienamente condividere le
considerazioni  svolte  dalla  Corte  di  assise  di  appello di Bari
nell'ordinanza   in   data  14  giugno  2006,  allegata  al  presente
provvedimento nel quale deve intendersi integralmente trascritta.